Fine dell’ambientalismo nel Parco della Maremma.

Alla faccia della tutela di ambiente e salute: grazie a Legambiente e a WWF si può scrivere la parola fine alla battaglia contro la biotruffa del biogas e come scrive il Prof. Michele Corti si può dire che l’ambientalismo è morto. Viva l’imprenditoria green e il biobusiness.

http://sgonfiailbiogas.blogspot.it/2014/04/lambientalismo-e-morto-25-aprile-2014.html

L’ambientalismo è morto (25 aprile 2014)

Leggete le motivazioni delle organizzazioni ambientaliste a favore di un impianto a biogas nel Parco della Maremma, un impianto cui ne seguiranno altri perché come dice Legambiente: “va realizzato un percorso specifico di revisione dell’attuale Piano del Parco della Maremma non solo per impianti come quello in questione, ma anche per le altre tipologie di rinnovabili per far diventare sempre più il Parco, oltre che un’area da proteggere e tutelare, un laboratorio di sistemi innovativi nel campo delle rinnovabili“. Ecco la morte dell’ambientalismo: una “tutela e protezione” di facciata, che si traduce in attività che procurano “fatturato” agli ambientalisti: poltrone, consulenze, progetti e che non migliorano nulla e,a fianco, anche nel Parchi lo sfruttamento estensivo, pervasivo del territorio per la produzione di energia (ma quello che conta sono i profitti speculativi al circuito affaristico delle “rinnovabili” in cui Legambiente è imprenditorialmente inserita). Quanto al WWF accoglie anch’esso tutte le motivazioni dei biogassisti (“non c’è impatto, non disturba, non si vede”) e poi la perla:  “Duecento animali in stalla non sono pochi ma nemmeno tanti e soprattutto con un numero minore di capi, l’azienda non riuscirebbe a sostenere il costo dell’impianto.Naturalmente sarebbe meglio che fosse previsto il pascolo o i paddok e non un sistema di allevamento al chiuso, ma questo è un ragionamento etico che esula dal dibattito”. 
Ma lo ordina il medico di fare il biogas? Che ragionamento “ambientalista” è quello per cui in un Parco va bene un allevamento intensivo e deve essere grosso altrimenti (poverino!) non può fare biogas? Che ragionamento è che un sistema estensivo (il Parco della Maremma è famoso per l’allevamento delle vacche maremmane plain air) è una questione etica fuori discorso? Non ci sono di mezzo la biodiversità, le emissioni inquinanti, l’uso degli Ogm (presenti in tutti i mangimi) in un sistema intensivo zootecnico? E’ solo etica o è anche ecologia? Ma per il WWF forse ecologia è solo il Panda o il lupo. Per il resto va bene un’agricoltura industrializzata, anche dentro i Parchi. Il WWF opera più sul “privato” rispetto a Legambiente che sviluppa il suo business grazie all’inserimento nel sistema amministrativo istituzionale in simbiosi con enti pubblici, multiutility ecc.. Non che il Panda disdegni le greppie offerte dal sistema politico all’ambientalismo “ragionevole” (e tra le greppie ci sono i Parchi) ma gli interessa non perdere le sponsorizzazioni delle grandi società capitaliste e quindi non va a “disturbare il manovratore” più di tanto. Non lontano da Alberese, dal Parco della Maremma, c’è la laguna di Burano. Avrebbe potuto essere seriamente minacciata da una biogas della società Sacra (ai tempi c’era Tronchetti Provera e il gotha della finanza di sangue blu lombarda).


Il WWF gestisce l’oasi per gentile concessione della Sacra ma forse al WWF non tornava utile neppure scontentare gli aristocratici e facoltosi soci della Sacra socialmente affini all’ideologia del WWF (nato da principi-finanzieri come Bernardo d’Olanda). Così andava bene anche la (più grossa) centrale a biogas di Capalbio. Come è finita la storia è noto: la centrale non si fa perché provincia e comune si sono opposte ma la Sacra ha in corso cause civili per risarcimenti milionari). In tutta la vicenda biogas Capalbio il WWF tacque. Ora come può opporsi alla molto più piccola centrale di Alberese. Ha la coda di paglia e la coscienza sporca e quindi, arrampicandosi sui vetri, deve allinearsi agli affaristi di Legambiente che non vuol limitarsi alla sola centrale a biogas di Alberese.

Ambientalismo è morto (25 aprile 2014)

Prof. Michele Corti
Docente di zootecnia montana, Defens – Unimi
Ruralista
michelecrt@gmail.com 

http://iltirreno.gelocal.it/grosseto/cronaca/2014/04/25/news/tra-wwf-e-legambiente-c-e-l-accordo-sul-biogas-1.9109029

ALBERESE. «E’ un impianto a filiera corta controllata, con impatto visivo e inquinamento acustico limitatissimi». Wwf e Legambiente si trovano d’accordo sull’impianto a biogas di Alberese, proposto dall’azienda di Tiziano Duchini. Le due associazioni si dicono favorevoli e chiariscono le ragioni del via libera.

«L’impianto – scrive Angelo Gentili, della segreteria nazionale di Legambiente – non presenta evidenti problematiche, anche l’impatto visivo risulta limitato come del resto l’inquinamento acustico; con una serie di prescrizioni correttive e ulteriori accorgimenti rappresentare anzi un valore aggiunto per l’azienda agricola. Il digestato sarà infatti utilizzato come fertilizzante nel terreno dell’azienda come oggi viene fatto per le deiezioni derivanti dall’allevamento».

«Ovviamente – prosegue Legambiente – va realizzato un percorso specifico di revisione dell’attuale Piano del Parco della Maremma non solo per impianti come quello in questione, ma anche per le altre tipologie di rinnovabili.Tutto questo nel rispetto dell’identità e della tutela della biodiversità dell’area protetta, per far diventare sempre più il Parco, oltre che un’area da proteggere e tutelare, un laboratorio di sistemi innovativi nel campo delle rinnovabili».

Il Wwf, invece, compie un’analisi oggettiva del progetto, sintetizzata in dieci punti, che riportiamo integralmente di seguito:

«1) Un impianto di queste dimensioni è da considerarsi di piccola taglia. Produce pochissimo rumore e, se adeguatamente insonorizzato, non si dovrebbe sentire nemmeno quello. 2) Se è ben fatto non c’è alcun rischio di percolato, anzi, semmai utilizza sottoprodotti (liquami) che altrimenti potrebbero percolare. 3) Se l’insilato viene messo in sacchi di film plastico e non si utilizzano trincee di cemento non c’è nessun consumo di territorio. 4) La relazione relativa certifica che non è previsto l’utilizzo di altri carburanti se non le deiezioni delle mucche dell’azienda e di un altro allevamento vicino. 5) L’unico dubbio è l’utilizzo di circa 20 ettari di terreno per produrre triticale fuori dall’azienda di Alberese, nelle vicinanze di Albinia, comunque a meno di 20 km di distanza dall’azienda. 6) Il digestato verrà utilizzato nei terreni dell’azienda, come oggi viene fatto con gli escrementi. 7) L’impatto visivo è ininfluente, non si vedrà neanche dalla strada perché schermato. 8) La localizzazione è nei pressi della stazione ferroviaria di Alberese e non nel centro abitato. 9) Duecento animali in stalla non sono pochi ma nemmeno tanti e soprattutto con un numero minore di capi, l’azienda non riuscirebbe a sostenere il costo dell’impianto. 10) Naturalmente sarebbe meglio che fosse previsto il pascolo o i paddok e non un sistema di allevamento al chiuso, ma questo è un ragionamento etico che esula dal dibattito».

Il Wwf chiede infine al mondo politico – che in questi giorni si è espresso sulla questione – di non affrontare certi temi di pancia, né personalizzando, ma in base a studi e documentazioni scientifiche.

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